Cos'è
Da tempi immemori nella comunità di Terravecchia si è diffuso il culto alla Madonna del Carmine. La primigenia venerazione si svolgeva in un anfratto situato nella località Santa Maria, probabilmente successivamente ampliato nelle dimensioni e nel quale su di una parete venne dipinto l’affresco raffigurante la Vergine del Monte Carmelo. L’icona è ancora oggi esistente e ben visibile sull’altare della chiesa che successivamente fu costruita sul luogo dell’eremo.
Una particolare pietà popolare che indusse i terravecchiesi, in un profondo sentimento di fede, a designare la Madonna del Carmine protettrice e patrona del paese.
Un’antica tradizione che è una unicità nel culto mariano della religione cristiana, giacché è una festività che si tiene nel Martedì dopo Pasqua di ogni anno e celebra la Madonna del Carmine (di norma il calendario cattolico ne fissa la festa il 16 di luglio) raffigurata in un quadro che racconta di un evento prodigioso e leggendario.
La scena ritrae Maria Madre e Decoro del Carmelo con in braccio Gesù bambino, ambedue nell’intendo di porgere e donare l’abitino carmelitano. Ai loro piedi un rettile mostruoso che ruggisce di dolore e tenta di rimuovere la lancia (evidentemente un’allusione a quella che squarciò il costato di Cristo sulla croce) che le ha trapassato e lacerato le viscere. Dal ventre insanguinato un fanciullo ne esce vivo, orante, ieratico rivolge la sua umana gratitudine alle divinità salvifiche.
LA LEGGENDA DEL DRAGO
Intanto riferiamo dell’antica tradizione orale che i fedeli e i terravecchiesi hanno tramandato. Raccontando di generazione in generazione che nella contrada e nel luogo successivamente denominato Santa Maria vi era un acquitrino in cui dimorava un famelico serpente alato, con corpo e testa canina. Il rettile mostruoso si intrufolava nei pagliai e nella case dei poveri abitanti e con ingordigia e voracità rapiva e divorava i fanciulli del paese.
I popolani, pur avendo tentato in vari modi di sopraffare il rettile drago, non riuscivano a liberarsi di quel giogo famelico e piangevano i propri figli predati. I terravecchiesi, con preghiere e suppliche, si rivolsero alla Madonna affinché li liberasse di quella insopportabile sofferenza. Finalmente, le esortazioni non furono vane, il martedì dopo pasqua la Madre e decoro del Carmelo con in braccio Gesù bambino intervenne e con una lancia squarciò il ventre della bestia malefica che soccombeva nel suo sangue nel vano tentativo di togliersi la lancia. Il bambino appena ingoiato fu liberato e fatto risorgere a nuova vita, dimostrando la gioia innalzando le braccia in venerazione e ringraziamento alle divinità salvifiche.
La mattina del martedì le donne che si recarono alla sorgente trovarono al bordo del lago un quadro in cui era impressa l’immagine salvifica. Con meraviglia e timore portarono quel quadro nella chiesa di San Leonardo, appena più in alto della vallata teatro di quel miracolo – ed ancora oggi denominata con il medesimo toponimo -, e pregarono con sentimento di riconoscenza.
La mattina successiva il quadro fu ritrovato presso la sorgente e riportato nella chiesa dedicata a San Leonardo. L’evento si ripeté per ben tre volte finché le autorità religiose non interpretarono che la Madre del Carmelo volesse una chiesa in cui i fedeli dovessero venerare l’effige lasciata a perenne ricordo dell’evento salvifico. E così avvenne. La chiesa di Santa Maria del Monte Carmelo fu edificata e divenne meta di pellegrinaggio e elevazione di orazioni e preghiere.
LA FESTA PATRONALE DEL MARTEDI’ DOPO PASQUA
I terravecchiesi, perciò, fissarono la festa patronale del martedì dopo pasqua di ogni anno ed inizia con la solenne processione della statua portata al Santuario diocesano (eretto con decreto n. 142 del 22/6/2011 dell’arcivescovo Santo Marcianò). Il simulacro rimane alla venerazione dei fedeli sin la domenica successiva e poi in processione viene riportato a spalla nella chiesa matrice, dopo aver percorso le strade principali del paese.